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Caccia alle balene

PER STUDIARE I GRANDI CETACEI IL MASSACRO NON SERVE


Il 57° Meeting della Commissione Baleniera Internazionale si è chiuso con la sconfitta degli stati pro-caccia, ma per le balene è solo un’illusione: il Giappone aumenterà lo stesso le catture in nome della scienza, malgrado esistano efficaci metodi di ricerca innocui per i cetacei come quelli adottati dall’Istituto Tethys e da altri centri di ricerca italiani e stranieri.

Il 24 giugno a Ulsan, in Corea, si è concluso il 57° Meeting della Commissione Baleniera Internazionale (IWC) - un mese di incontri scientifici e dibattiti politici – che ha visto gli stati pro-caccia (in testa Giappone, Norvegia e Islanda) sconfitti ancora una volta. I balenieri non sono riusciti, infatti, nel loro intento di abolire la moratoria del 1986 che tutela i grandi cetacei, né in quello di aumentare le specie cacciabili o almeno di passare al voto segreto. Tuttavia, probabilmente, è solo questione di tempo e per il prossimo incontro dell’IWC, il Giappone si è detto fiducioso di riuscire a portare dalla sua parte abbastanza paesi (specie quelli più poveri, dei quali è facile “comprare” il voto con incentivi economici di vario tipo) in modo da riaprire la caccia commerciale alle balene. I giapponesi, comunque, hanno dichiarato che, nonostante quest’anno non abbiano conquistato i voti necessari ad aumentare le quote di caccia, raddoppieranno ugualmente, anche senza consenso, il numero di balenottere minori (arrivando a 850) uccise nelle acque antartiche, inserendo nel massacro anche 50 balenottere comuni e 50 megattere all’anno. L’attività baleniera del Giappone è, almeno sulla carta, a scopo scientifico ma non rispetta mai il numero di catture pianificato, tanto che quest’anno l’Australia ha tentato di far punire il popolo nipponico per questa inadempienza ma, purtroppo, non è riuscita nel suo intento.

“Le motivazioni portate dai giapponesi per legittimare un così alto numero di balene uccise non trovano una corrispondenza scientifica” ha detto Simone Panigada, che ha partecipato a Ulsan all’incontro del Comitato scientifico della Commissione Baleniera Internazionale in qualità di rappresentate della delegazione italiana, insieme a Bruno Cozzi dell’Università di Padova e a Caterina Fortuna dell’ICRAM. Dopo aver accusato ingiustamente i cetacei di essere i responsabili del depauperamento delle risorse ittiche degli oceani, quest’anno il Giappone ha proposto di ridurre anche gli stock di balenottere comuni e megattere per “tutelare” la più rara balenottera azzurra come se fossero queste specie a mettere in pericolo il futuro della meno abbondante cugina invece dell’inquinamento acustico, del degrado dell’ambiente marino, del sovrasfruttamento delle risorse causato dalla pesca indiscriminata, dalle collisioni con navi sempre più veloci e da altro ancora.. “Non meno accesa – ha detto Panigada che è Vicepresidente dell’Istituto Tethys, organizzazione che da vent’anni studia e tutela i cetacei in Mediterraneo – è stata la discussione sulla liceità dell’uso di metodi letali per la ricerca scientifica sui cetacei, sulla consistenza degli stock di cetacei campionati e sui parametri e le metodologie impiegati nello studio. Per i giapponesi non esistono mezzi meno invasivi dell’uccisione delle balene per studiare adeguatamente questi animali (ricordiamo che il Giappone sostiene di cacciare i cetacei solo a scopo scientifico), mentre i ricercatori di tutto il mondo impiegano da anni e con successo metodi di ricerca assolutamente innocui per i cetacei. Solo la settimana scorsa – ha aggiunto Panigada – nel Santuario Pelagos dei Cetacei in Mar Ligure, durante le campagne di studio dell’Istituto Tethys abbiamo effettuato oltre 25 avvistamenti di balenottere comuni sulle quali abbiamo raccolto molti dati interessanti senza bisogno di arrecare alcun danno agli animali”. Tra le tecniche non invasive impiegate dall’Istituto Tethys per studiare le balenottere ricordiamo il prelievo a distanza di minuscoli campioni di tessuto, grazie ai quali è possibile studiare la genetica di questa specie (Tethys ha contribuito a dimostrare che è la popolazione mediterranea è isolata e largamente separata da quella atlantica) e il carico di contaminanti accumulato nel tessuto adiposo, e di campioni di feci che permettono di studiare la loro dieta. Inoltre, grazie all’applicazione tramite ventosa di un piccolo registratore di profondità (TDR) sul dorso delle balenottere è possibile conoscere la profondità raggiunta da questi animali, il tempo trascorso in immersione e la loro velocità, mentre con la tecnica della fotoidentificazione si possono catalogare i diversi individui (Tethys ha identificato oltre 350 balenottere nel Santuario). Infine, seguendo appositi protocolli si può studiare il comportamento delle balenottere nei confronti delle imbarcazioni e quindi delineare regole per ridurre il disturbo agli animali durante le attività di whale-watching.

“I documenti e i report presentati dal Giappone durante le riunioni dell’IWC – ha aggiunto il vicepresidente Tethys – sono, inoltre, incompleti e solo in rari casi i dati raccolti vengono pubblicati su riviste internazionali indicizzate, contribuendo poco o nulla alle conoscenze scientifiche – che si basano in massima parte sui dati ottenuti tramite metodi di ricerca non letali”. In pratica la scientificità degli scienziati nipponici al soldo dell’industria baleniera sembra esaurirsi sulle tavole dei ristoranti dove i dati sulle balene (sotto forma di tranci, bistecche e zuppe) ne arrivano in abbondanza!



“Non è però solo la caccia – ha detto Panigada – a preoccupare conservazionisti e studiosi. Altre minacce, infatti, potrebbero mettere a serio rischio il futuro di alcune specie di cetacei. Tra gli argomenti di cui si è discusso durante la riunione del comitato scientifico dell’IWC ci sono l’inquinamento acustico, lo stato dell’ambiente, la protezione delle specie più in pericolo, i livelli di contaminanti nei cetacei, le catture accidentali (che in alcuni paesi rappresentano un importante fattore economico, data la commercializzazione a fini alimentari della carni ricavate dai prodotti del by-catch), le collisioni con le imbarcazioni e le interazioni con le reti derivanti (spadare)”. Tutte questi pericoli per i cetacei il Giappone non li vuole neanche prendere in considerazione e anzi si è detto fortemente contrario alle attività del Comitato Scientifico che si occupa delle della conservazione di questi animali.

Un’altra nota negativa di questo 57° Meeting è il fatto che il Presidente Brasiliano Lula non è riuscito per il momento a dar vita a un nuovo santuario dei cetacei nell'Atlantico del sud. Se dovessero avverarsi le nefaste previsioni che vedono gli stati pro-caccia abolire a breve la moratoria dell’86, la creazione di queste oasi protette per i cetacei sarà sempre più rilevante per il futuro di questi animali.



1 luglio 2005

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Notizia stampata il 22 Dec 2024 su www.animalinelmondo.com il portale al servizio degli animali