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I combattimenti tra animali
Ciro Troiano
Il lemma “combattimento” indica tutte le forme di conflitto fisico che
coinvolgono almeno due animali. Ciò è da intendersi anche ai fini della
legge in esame. È chiaro che rientrano in questa previsione solo i
combattimenti organizzati e non le zuffe spontanee o le lotte
estemporanee, come spesso avviene tra i cani o altri animali. Affinché
possa intervenire la censura penale occorre che l’evento sia provocato,
favorito, organizzato dall’uomo. Il combattimento può essere tra membri
della stessa o di diversa specie (esempio: lotte tra cani, tra galli,
tra pesci ecc. Tra specie diverse: cani contro puma, contro cinghiali,
contro tassi, contro orsi; orsi contro puma, ecc.).
Il primo comma dell’articolo 544 quinquies C.p. prevede una sanzione
delittuosa per chi “promuove, organizza o dirige combattimenti o
competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in
pericolo l’integrità fisica”. Ciò vuol dire che la pena si applica a
tutti coloro che determinano, provocano, preparano, danno inizio,
guidano e disciplinano un tale evento. Manca un’esplicita previsione
per “chi partecipa” o “assiste”, ma ciò non vuol dire che tali condotte
siano impunite: basti pensare agli articoli 110 (Pena per coloro che
concorrono nel reato), e 416 (Associazione per delinquere) del Codice
penale.
Nel nostro ordinamento, l’articolo 110 C.p. disciplina il concorso di
persone alla commissione di un reato; ispirandosi al principio della
pari responsabilità dei concorrenti, l’articolo stabilisce che quando
più persone concorrono nel medesimo reato ciascuna di esse soggiace
alla pena per questo stabilita. Il concorso di persone può essere
materiale, consistente in un concreto aiuto al reo nella preparazione
ed esecuzione del reato (come può essere, ad esempio, il trasportare i
cani sul luogo dell’incontro, l’individuare o allestire il sito, il
curare gli animali usati nelle lotte, ecc.), o morale, consistente nel
far sorgere o nel rafforzare in un soggetto un proposito criminoso
(incitare gli animali nel corso del combattimento, partecipare e
condividere moralmente il momento criminoso, ecc.).
In tema di concorso di persone nel reato, anche la semplice presenza
sul luogo dell’esecuzione del reato può essere sufficiente a integrare
gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara
adesione alla condotta dell’autore del fatto, sia servita a fornirgli
stimolo all’azione e un maggiore senso di sicurezza (I Sezione penale,
Massima 4805/1997 del 22.05.1997).
Questo testo è tratto dal volume:
Animali non bestie Difendere i diritti, denunciare i maltrattamenti, a cura di Gianluca Felicetti, pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2004.
Per maggiori informazioni consultare il sito internet: http://www.edizioniambiente.it/eda/saggistica.htm